Italia: la politica più immonda di tutte
Saranno gli Stati Uniti a sperimentare un Nuovo che tagli l'esistente coll'energia irresistibile del laser. Tra non molti anni la forza delle cose farà prorompere l'insofferenza degli Americani per la decrepitezza di un meccanismo politico concepito nel Settecento. Ma l'Italia, col sistema politico più immondo dell'Occidente, avrebbe per definizione poco da perdere e molto da guadagnare a seguire per prima l'esplorazione statunitense. L'attesa che sorga un grande eresiarca della politica, capace di guidare una rivoluzione copernicana, non si è ancora aperta nello Stivale, la cui Seconda Repubblica è già accertata peggiore della Prima. Nemmeno le altre società politiche occidentali riusciranno ad attraversare il deserto, a salvarsi dall'irrilevanza. Tuttavia l'Italia ha problemi speciali. La sua sinistra è truffaldina oppure, al margine estremo, velleitaria e, all'occorrenza, votata a tradire gli elettori. D'Alema, Cossutta, i Verdi non parteciparono alla guerra di Clinton-Albright nell'ex-Jugoslavia? Quanto alla destra italiana -più vocale, melodrammatica e televisiva delle altre del Continente- essa ha problemi speciali di identità, di metodo e di leadership. Solo la destra italiana è capeggiata in prima persona da un impresario che è stato geniale nei suoi negozi, ma come condottiero politico è risultato comico. Una delle sue pensate recenti è stata di infilarsi il paletot di De Gasperi per provarsi a risuscitare la Democrazia Cristiana (Francesco Crispi si ammantò del pastrano del principe di Bismarck). De Gasperi non merita le lodi che riceve. Ma se incarnava qualcosa di valido era un costume umano opposto a quello dell'uomo di Arcore con la sua corte di avvocati d'affari, coimputati, legali guardiaspalle e procacciatori d'ogni traffico, la compravendita miliardaria di calciatori, i pontificali della religione pubblicitaria e consumistica. Che c'entra De Gasperi? Questo Statista aristofanesco ha anche ritenuto di inneggiare a Saragat, a Ugo La Malfa, ad altri dei carpetbaggers che i vittoriosi del 1945 installarono al potere. Gli "ideali" di Saragat e di La Malfa il Vecchio, vanno bene come stelle polari del nostro futuro? La destra italiana non dovrebbe cercarsene altre? L'Epigono di De Gasperi addita continuamente la libertà. Ma la libertà è un principio polivalente, un attrezzo multiuso, va bene per quasi tutto. Phineas T.Barnum, quello del circo più famoso della storia, esordì giovanissimo-1829 o '30- con un settimanale che si chiamava, appunto, "The Herald of Freedom". Un lustro dopo esplose come showman/imbonitore, portando nei teatri e baracconi statunitensi una negra che presentava come "balia di Giorgio Washington, anni 160". Quando la balia morì, si assodò che era appena entrata nei settanta. Manco a dirlo, Mr Barnum ebbe successo, come Berlusconi, anche in una seconda carriera: autore di libri con titoli quali Lotte e Trionfi. I leader di riserva della destra "liberale" italiana sono una mezza dozzina di avv.prof., commercialisti, pensatori d'affari, figuranti del medio management, tutti o quasi intenditori di calcio. Chi di loro sarà il nostro Mosé? La verità è che va buttato via tutto: uomini, metodi, principi, fissazioni della politica quale la conosciamo. Il suffragio universale, la delega, la sovranità del parlamento, le prassi del sistema rappresentativo, sono cose decrepite e pessime, apertosi il Terzo Millennio. La disistima per questa politica è generale, soprattutto là -gli USA- dove le architetture istituzionali appaiono più maestose. Infatti in America si è aperto in grande, soprattutto dopo il 1992, il dibattito su cosa mettere al posto del congegno elettorale-partitocratico. La più vicina delle alternative è, nella fase presente, la democrazia elettronica parzialmente diretta. Nella regione spagnola della Galizia il presidente Manuel Fraga Iribarne ha già aperto la fase della democrazia elettronica, con la parola d'ordine, logica e affascinante, "Tornare ad Atene". In questo la Galizia è prima in Spagna. Fraga Iribarne è al tempo stesso uomo di pensiero e di potere. Uno dei massimi intellettuali del suo paese, già viceprimo ministro, fondò il partito che oggi governa la Spagna. Ha dunque dimostrato di vedere più lontano degli altri. E' significativo che consideri inevitabile e vantaggioso il "ritorno ad Atene" consentito dalla tecnologia. L'Italia potrebbe seguire a ruota gli Stati Uniti e la Galizia: rinunciando al sistema che si ritrova ha solo da guadagnare. E il ragionamento vale, mitigato, anche per la Francia, la Germania, la Gran Bretagna. Occorre rifiutare questa democrazia scadente e corrotta. La gente trasalirà, poi impazzirà di gioia, come i tedeschi dell'Est alla caduta del Muro, quando le sarà proposto di riprendersi la Polis. La gente, che vuol dire? Vuol dire quella vasta minoranza costituita da chiunque, a qualsiasi livello sociale, abbia titolo ad essere cittadino sovrano: per cultura, o esperienza lavorativa, o livelli di responsabilità, o meriti civici oggettivi. In un paio di secoli il suffragio universale ha fatto tutto il bene che poteva. Ora fa solo il male. Fornisce al racket dei partiti masse da sfruttare. La società, l'economia, la civiltà sono talmente cambiate che la difesa del voto di milioni di sub-cittadini non è più un interesse collettivo. Molto meglio disseminare il potere nella "fascia consapevole" della Polis: accademici o intonachisti, imprenditori o volontarie alle mense dei poveri. Nello Stivale, mezzo milione di persone tra le quali estrarre a sorte e a turno, randomcraticamente, i gestori effettivi della cosa pubblica. Come ad Atene. Quando questo avverrà, i burocrati tenteranno di diventare onnipotenti. Ma li si metterà a posto coi metodi di Dracone.
Testimonianza di Fraga Iribarne: "In Galizia torneremo all'agorà ateniese"
"La democrazia vera è un assetto politico nel quale sono i cittadini ad esercitare la sovranità. Partecipano alle decisioni muovendo da una completa informazione sugli affari della collettività. In questa prospettiva, cui stiamo andando, si è aperta la discussione se abbiano ancora senso le analisi di Montesquieu e di Marx. L'infrastruttura tecnologica dell'autostrada informatica rende possibile questa democrazia diversa. La quale peraltro non è tanto nuova: in qualche modo è un ritorno alla democrazia diretta ateniese, all'agorà e al foro, riprodotti nella dimensione diretta e immateriale del ciberspazio. Credo che il punto cruciale, oggi, non sia la contrapposizione tra democrazia diretta e democrazia rappresentativa, né se sia possibile una formula intermedia. Siamo invece coinvolti nella transizione da una democrazia intermittente ad una permanente. Parlo di democrazia permanente perché ora la gente può riunirsi ininterrottamente nel ciberspazio. Di questa democrazia elettronica si sono fatte alcune prove. Nelle elezioni americane del 1992 Clinton fu il primo a mandare i suoi messaggi elettorali e a ricevere risposte dai cittadini via Internet. Ci sono stati esperimenti di grande interesse: nel Minnesota si è creato un "foro elettronico di politica", che ha inaugurato un sistema interattivo nelle elezioni del governatore e dei senatori. Il regista di questa iniziativa, Steven Clift, prevede che il versante civico dell'autostrada informatica finirà col prevalere su quello commerciale, il quale ultimo ha permesso a Internet di crescere a ritmo esponenziale. In Galizia ci accingiamo a sperimentare anche noi questa democrazia elettronica che, come dice Clift, "esiste, è qui ed è inevitabile". Tra poco appresteremo le condizioni che il professore italiano Stefano Rodotà considera pregiudiziali per questo avvio: da una parte, un sistema informatico pubblico a costo di connessione zero o quasi zero; dall'altra uno spazio comunicativo non commerciale col quale rafforzare i legami sociali della comunità. La società dell'informazione, se orientata nella direzione giusta, aprirà un nuovo Rinascimento. Basti pensare che le nuove tecnologie consentono un accesso individuale e personalizzato, quasi senza limiti, all'informazione, esaltando il plus dell'interattività. Ciascuno di noi potrà essere al tempo stesso utente ed emittente, destinatario e attore di un processo comunicativo universale. E' una tappa nuova: dalla società di massa, in cui l'individuo si sente alienato e spersonalizzato, si passa alla società degli individui, nella quale la singolarità è un valore. In ultima analisi l'autostrada informatica genera individualismo. Checché dicano nei circoli intellettualmente tecnofobi, è sempre l'uomo che inventa il futuro e dà senso al domani".
Clinton il Trasgressore
Un giorno il trionfo di Clinton sui suoi accusatori risulterà il punto di non ritorno nella degenerazione della democrazia occidentale. Avremo raggiunto la certezza che il meccanismo elettorale premia i peggiori proprio nel sistema americano, considerato il più avanzato. Quella democrazia viene snaturata senza salvezza da fatti di malcostume direttamente prodotti dall'elettoralismo. Di norma le urne consegnano la Casa Bianca a personaggi la cui vera forza è di battere gli avversari in telegenia, in fascino animale, addirittura in sex appeal. Clinton non avrebbe raccolto tanti voti dalle donne -cioè non sarebbe stato eletto- se fosse stato meno aitante, anzi tecnicamente meno sexy. Nel 1998 i livelli più alti del processo politico statunitense sono stati dominati dalla questione, oggettivamente indegna, di quanto gli impulsi sessuali distogliessero il presidente dai suoi compiti; di quanto il presidente fosse vulnerabile al ricatto delle amanti occasionali; di come si potesse confondere l'opinione pubblica perché non esigesse l'impeachment. I contorni della figura presidenziale furono disegnati nel secolo XVIII allorquando le nazioni erano rette da monarchi, e dunque si decise di personalizzare all'estremo la funzione di capo dello Stato. Nella fase iniziale si arrivò a proporre che George Washington si incoronasse re. Con Clinton tanta personalizzazione ha prodotto le conseguenze grottesche che conosciamo. L'attraenza, il fascino fisico, non dovrebbe avere alcun ruolo nella scelta dei governanti, grandi o piccoli. Se lo ha, è per la logica deteriore del meccanismo elettorale-partitico. I governanti non dovranno più essere eletti. Dovranno succedersi a turno, selezionati a sorte tra le persone di più alta ed oggettiva qualificazione: solo quanti sono stati a capo di organismi veramente grandi, o vantano esperienze, conseguimenti o meriti eccezionali.
THE ECONOMIST: Quando il popolo conterà
Il grande settimanale londinese -ma con un forte radicamento americano- combatte da anni una solitaria battaglia anticontinuista, cioè antiparlamentare. La democrazia rappresentativa, sostiene, è diventata irrilevante. Delegando la sovranità, attraverso le elezioni, ai professionisti della politica, il cittadino si spoglia di tutto. Deposta la scheda nell'urna, dovrà attendere alcuni anni, fino alle prossime elezioni, per svolgere qualche ruolo: ma anche allora sarà un ruolo illusorio. In ogni caso, tra una competizione e l'altra il corpo politico, la polis, è ridotto a un assieme di sudditi; solo che il sovrano, invece che un monarca, è un'oligarchia di professionisti della politica. Negli anni Novanta "The Economist" ha pubblicato un certo numero di articoli e di "speciali" sulla fine non lontana del sistema rappresentativo. In particolare il rapporto "A Survey of Democracy", steso alla fine del 1996, additava come alternativa immediata al parlamentarismo partitocratico il congegno referendario vigente in Svizzera. Com'è noto, il sistema costituzionale elvetico si definisce espressamente, anche al livello delle enunciazioni giuridiche, "democrazia diretta". Ecco, nella traduzione pubblicata dal settimanale milanese "la Svolta", alcune argomentazioni del settimanale britannico. "E' sbagliato che nelle democrazie la voce dei cittadini venga sentita solo ogni certo numero di anni, quando essi sono chiamati ad eleggere un presidente, un deputato e così via. Passata l'occasione elettorale, sono gli eletti che prendono le decisioni. Gli altri stiano buoni. Questa è democrazia part-time. In alcuni contesti esiste una realtà tutta diversa: la democrazia diretta. Mediante il referendum il paese prevale sugli eletti.Il referendum giusto è quello che si tiene anche se il potere (il governo o il parlamento) non vuole. Naturalmente i politici sono contrari. Alcune delle loro ragioni sono inconsistenti, altre no. In ogni caso i difensori del congegno tradizionale devono accettare che il mondo è drasticamente cambiato rispetto a quando la delega appariva indispensabile, o almeno utile. L'uomo della strada ha capito che i suoi rappresentanti non sono molto più informati, competenti o saggi di lui. Di conseguenza, ciò che funzionava passabilmente nel XIX secolo non funzionerà del tutto nel XXI. E' da prevedere che i nostri figli concluderanno che la democrazia diretta è più efficiente di quella rappresentativa. Questo sarà cambiamento, non il passaggio da un sistema elettorale all'altro. Il proporzionale e il maggioritario sono varianti del metodo per delegare il potere: ma la democrazia diretta non delega. Il paese cui guardare è la Svizzera, che ha inventato e pratica una forma moderna di democrazia diretta. Lì le decisioni del parlamento non sono affatto l'ultima parola. Meglio far scegliere al popolo che ai parlamentari. Si ha paura che sia il denaro a decidere l'esito dei referendum. Non è vero: gli svizzeri dissero no all'Europa benché i grossi interessi economici si fossero mobilitati a favore del sì. E poi il denaro distorce la democrazia vecchia maniera assai più che la nuova. In una democrazia diretta le lobbies devono disperdere i loro soldi su tutti i votanti; e poiché devono spenderli in propaganda hanno più difficoltà a farlo di nascosto. Nel sistema rappresentativo tutto è più facile alle lobbies; si tratta di agire solo sui parlamentari e sui ministri, poche centinaia di persone avvicinabili in tutta discrezione, con mezzi che vanno dai regali relativamente modesti alle tangenti. Pertanto la risposta da dare a chi si preoccupi per l'influenza del denaro sui referendum è: il denaro non riesce a comprare il popolo intero. L'argomentazione decisiva a favore della democrazia diretta è che i tempi sono cambiati . Il sistema rappresentativo non funziona più e si fa sempre più convincente l'alternativa: niente delega, o poca delega. In America Internet è cresciuto in otto anni del 34.000%. E' una rivoluzione: sarebbe singolare se non facesse crollare un sistema politico costruito su premesse che sono scomparse. E' improbabile che il XXI secolo si tenga per molto i congegni rappresentativi del passato".
UN SECOLO DOPO GAETANO MOSCA
Nel 1997 si compì un secolo dalla pubblicazione degli Elementi di scienza politica di Gaetano Mosca. Ma già nel 1894 Mosca aveva formulato con l'opera Sulla teoria dei governi e sul governo parlamentare la cruda dottrina della classe oligarchica che fece di lui il maggiore scienziato italiano della politica. Lasciamo descrivere la sua concezione a uno storico non di casa nostra, Wolfgang J.Mommsen, a lungo cattedratico a Karlsruhe: "Fu quasi lo specchio della prassi del parlamentarismo italiano, completamente staccatosi dalla democrazia liberale per trasformarsi in un sistema oligarchico in cui i professionisti della politica monopolizzavano i posti chiave dello Stato. Una continua lotta di piccoli gruppi dominanti, ciascuno con un'ideologia adatta ai propri interessi, destinata esclusivamente a giustificare il potere agli occhi delle masse. Gaetano Mosca traduceva questi concetti in un'aspra critica del sistema parlamentare, una forma degenerata di democrazia in cui tutte le situazioni dello Stato si trasformavano in enormi macchine di propaganda elettorale". Venti anni dopo, nota ancora Mommsen, Vilfredo Pareto si spinge più avanti: ogni fatto politico è solo scontro tra gruppi di potere. "Pareto nega qualsiasi validità oggettiva alle teorie politiche, e non nasconde il disprezzo per l'ordine liberal-democratico del suo tempo: nient'altro che il potere corrotto di un'élite già intimamente degenere". Il Trattato di sociologia generale di Pareto è del 1916. Ottantaquattro anni dopo le circostanze sono tassative. Se persiste il centro-sinistra risorge in tutto la Prima Repubblica. Il centro-destra è anch'esso vecchia politica. Nulla di diverso se si rialzasse il centro-centro. L'ipotesi di una via giudiziaria alla rigenerazione è caduta. Non avevano ragione Mosca e Pareto? Sbagliarono solo a non prevedere quanto ladre e corruttrici si sarebbero dimostrate quelle che chiamavano "élites". Si traggano le conseguenze da un secolo di conferme rispetto a Mosca e a Pareto. Negli ultimi tempi hanno fatto ammissioni di non poco conto perfino alcuni politologi di palazzo. Per Stefano Rodotà è sbagliato demonizzare tutte le implicazioni della "tecnopolitica", portato della svolta telematica. Il monomane Giovanni Sartori -conosce una sola via di salvezza, "il doppio turno alla francese"- fa meste previsioni sul finale trionfo del "direttismo" (la democrazia diretta). Per Domenico Fisichella occorre far nascere una "aristocrazia civica", beninteso nulla a vedere con parlamenti e altri consessi elettivi. E Galli della Loggia precisa:"Oligarchia è il nome tecnicamente appropriato per la classe dirigente italiana". Domenico Settembrini ha riconosciuto:"Il concetto di democrazia, preso alla lettera, comporta che il governo della città sia affidato alla partecipazione diretta dei cittadini. Né basta. Occorre anche che alla copertura delle magistrature si provveda esclusivamente per sorteggio e per rotazione: unico metodo che impedisca la distinzione permanente tra la quasi totalità dei governati e la ristrettissima minoranza di governanti". Il Settembrini considera impossibile la "democrazia presa alla lettera". Ma sbaglia. Arrivato il 2000, è perfettamente possibile, coll'aiuto dell'elettronica, sorteggiare i politici pro tempore -per turni di pochi mesi- all'interno di qualcosa di simile alla "aristocrazia civica" di Fisichella: per esempio mezzo milione di supercittadini scelti impersonalmente dal computer tra quanti vantino meriti o conseguimenti oggettivabili: qualifiche culturali, esperienze lavorative, attività socialmente utili. Abolite le elezioni e disciolti i partiti -con esproprio dei beni a parziale risarcimento della loro lunga rapina- spariranno gli oligarchi "liberaldemocratici" maledetti da Mosca e Pareto un secolo prima di noi. Liberi i partiti di ricostituirsi ma, cancellate le elezioni, saranno leoni sdentati e presto periranno.
L'OPZIONE RANDOMCRATICA VISTA DA STANFORD
Piero Colonna di Paliano/"la Svolta", 31 gennaio 1997
Un giovane docente d'ingegneria riferiva dalla Stanford University su un orientamento scaturito negli Usa dal crescente dibattito sull'estenuazione del sistema rappresentativo Negli ultimi anni constatiamo un progressivo disgusto per la politica. Quanto all'Italia non è necessario aggiungere altro, ma è sorprendente quanto questa ripulsa della politica sia diffusa fuori casa. L'umanità ha conosciuto progressi rapidissimi nella tecnologia o nella medicina: per le forme di governo è ferma al 1789. Qualsiasi modifica della democrazia rappresentativa non potrà sanare la sua inefficienza intrinseca. Il presupposto di ogni progresso è l'eliminazione del politico professionista, causa principale della cancrena che minaccia i nostri paesi. Bisogna scacciare i mestieranti che hanno usurpato lo Stato, e trovare altre e più vere espressioni della volontà popolare. E' lecito supporre che dall'elettronica possa venire uno degli strumenti che consentirà la prima vera rivoluzione politica dai tempi di quella francese. Un congegno in cui tutti votano su tutto appare impraticabile, oltre che poco efficiente. Ma ormai si sa con ragionevole certezza che un campione scelto a caso di un sistema casuale come quello formato dagli elettori è rappresentativo del tutto, con elevata precisione. Sappiamo anche che una decisione politica su qualsivoglia argomento necessita di buon senso, non di alcuna professionalità specifica. E' dunque proponibile un congegno deliberativo consistente in un corpo di "supercittadini", in numero sufficientemente elevato da renderne difficile la corruzione, estratti a sorte per un anno (ma il periodo è da sperimentare) mediante un calcolatore da una lista di aventi diritto, contraddistinti da determinate caratteristiche fondamentali. Di qui il neologismo di randomcracy: un reggimento scelto dal caso (in inglese, random). Forse non tutti hanno notato che sulle calcolatrici di uso comune esiste un tasto "random": provate e ogni volta otterrete un numero a caso. Questo dimostra la possibilità elettronica di estrarre a sorte grandi quantità di numeri. Se associo ad ogni numero un nome, con il mio Pc posso fare in pochi secondi un programma randomizzatore. A questa assemblea telematica potrebbe spettare la legislazione ordinaria. In alcuni casi si richiederebbe una consultazione popolare globale su problemi quali indirizzi generali, questioni morali, ecc. Il numero dei supercittadini potrà anche essere allargato grazie all'uso di teleconferenze e teledibattiti. Questa proposta è innovativa quanto agli strumenti, ma è un ritorno all'originaria idea di democrazia. Funzionò bene nella fase di Pericle (infatti qui negli Usa il vicepresidente Gore ha parlato di un'auspicabile "democrazia neo-ateniese"). Mi trovo in un microcosmo tecno-intellettuale -la Stanford University- nel quale, come in tutte le migliori università statunitensi, i dipartimenti di scienze politiche studiano, e persino sperimentano, nuove forme di governo. Una breve ricerca di Internet dimostrerà a chiunque quanto vivace sia il dibattito. Appare chiaro però che, se da più parti arrivano proposte per il televoto e il town meeting elettronico (vedi la proposta di Ross Perot), vano mi sembra il tentativo di inseguire un'assemblea legiferante globale e permanente. Molto più sensata appare la proposta randomcratica. L'idea interessa e anche molto, pur suscitando perplessità. Ad alcuni la nozione di "supercittadino" suona antidemocratica e oligarchica. Per me è importante definire lo scopo di un sistema politico. Non è detto che una maggioranza non qualificata sia in grado di prendere decisioni giuste, né che propenda al bene. Cercando di selezionare i più sani si può migliorare la gestione del potere. Basta vedere come è efficace la "selezione all'incontrario" che abbiamo: i più cialtroni, ignoranti e avidi entrano in politica. Potremmo non solo trovare una serie di criteri per la selezione dei supercittadini, ma anche evitare che si mettano in testa strane idee, non consentendo loro di essere ripescati dal cervellone elettronico randomizzatore dopo che hanno svolto la funzione di supercittadini una prima volta. Tutti poi hanno paura della possibilità di manipolare sia il randomizzatore, sia il modo in cui le informazioni perverranno ai supercittadini, o ai cittadini tutti al momento della consultazione generale. Una delle cose positive dell'incombente rivoluzione informatica, in mezzo a tante negative, è che l'individuo non sarà un passivo assorbitore di qualsiasi cosa gli venga vomitata da Tv e giornali. L'informazione sarà così facile da fornire che ognuno di noi dovrà avere la voglia di scegliere e vagliare ciò di cui interessarsi, fino a formarsi il proprio quotidiano e il proprio telegiornale. Mi sembra una barriera invincibile contro i tycoons dei media. Mai come in Italia le condizioni sono state così favorevoli a un cambiamento radicale. Siamo quelli che hanno meno da perdere; si fa difficoltà ad immaginare un sistema meno efficiente del nostro, uno più corrotto e più povero di speranza. Siamo pronti per la randomcrazia.
FU FONDATA SUL SORTEGGIO LA DEMOCRAZIA ATENIESE
Citazioni da Gustave Glotz, La città greca, Torino, Einaudi, 1955.
"Poiché il potere dei magistrati era un'emanazione della sovranità popolare, il principio democratico esigeva che qualsiasi cittadino potesse esercitarlo. Tale principio non significava soltanto che chiunque aveva il diritto di accedere alle più alte funzioni pubbliche, ma altresì che nei limiti del possibile ciascuno doveva pervenirvi" (p.243). "Le magistrature erano di breve durata: la maggior parte, annuali" (p.243). "La nomina dei magistrati avveniva per sorteggio o per elezione. A partire dal V secolo, l'estrazione a sorte divenne il sistema democratico per eccellenza" (p.247). "La maggior parte degli storici hanno voluto vedere nel sorteggio degli arconti un provvedimento tardivo e ne hanno attribuito l'idea a Clistene, ad Aristide, persino a Efialte e a Pericle. Ma il Fustel de Coulanges ha sostenuto che l'elezione a sorte servì a designare gli arconti sin dall'origine. Egli ha visto giusto" (p.247). "Il sistema del sorteggio fu escogitato in tempi remoti nei quali gli uomini non conoscevano mezzo migliore per far designare i loro capi dagli dei. Fu conservato da generazioni più recenti alle quali il giudizio di Dio offriva il vantaggio di placare le cruente rivalità delle grandi famiglie. E anche più tardi non cessò di sopire le lotte dei partiti, impedendo alla fazione vittoriosa di far prevalere la tirannide maggioritaria; e di sopprimere la piaga degli intrighi elettorali. Aristotele cita in proposito l'esempio di Elea in Arcadia, dove il sistema elettivo fu abrogato perché favoriva gli intrighi (Pol., VIII (V), 2, 9)" (p.251).
qualcosa si muove in europa
Un workshop sulla democrazia diretta si è tenuto a Roma il 27 febbraio 2000, su iniziativa dell’associazione Democrazia Diretta, di Mehr Demokratie (Germania) e del WIT(Belgio).Hanno partecipato esponenti di organizzazioni DD italiane, tedesche, belghe, greche.Hanno deliberato di sostenere l’idea del Referendum Propositivo (iniziativa popolare deliberativa); di elaborare una proposta di modifica costituzionale supportata da una Petizione popolare; di accentuare gli sforzi di coordinazione delle iniziative DD in Europa; di istituire una mailing list di organizzazioni e individui interessati a lavorare per la DD. Entro il 15 giugno avverrà un nuovo incontro a Firenze o a Roma, in preparazione del 2°Congresso internazionale sulla Democrazia Diretta (Atene, 21-25 giugno 2000). Segnaliamo una lista di indirizzi internet:

DD BELGIO                                                                                                             L.F.S. english

Initiative and Referendum Institute                                                                       L.F.S. italiano

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DD INTERNATIONAL mailing list

DD ISRAEL (Aky Orr)

DD ISRAEL (Aky Orr)

Second International Congres on Direct Democracy

Philadelphia II' DD Initiative
Ottorino Rizzi (http://www.rizzi.net/) dispone, sulla base di un lavoro di anni, di particolari elementi sui gruppi che promuovono la DD.

 

 

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